Sounmont

Siamo già ad aprile inoltrato, le giornate ora si sono

allungate, la primavera è in piena esuberanza. .. ma oggi

stento proprio a crederlo: la sera presenta, invece di un

atteso tramonto romantico, un inaspettato grigio squallore

che come un velo in vernale si stende a poco a poco su ogni

realtà di questa vallata, che senza il sole è anche senza vi -

ta. Il fiume è tristemente scuro, con le acque rese sporche

dalla lunga giornata piovosa; grigia è an che la strada e su

di essa le auto che scorrono sembrano avere tutte lo stesso

colore sbiadito e appaiono così tutte uguali, mentre la

loro monotona corsa viene accompagnata non più dal ronzio

del loro motore, ma dagli spruzzi d’acqua solle vati

dalle molte pozzanghere incontrate.

I monti qui attorno si presentano rivestiti di un verde

che pare il colore di un tappeto mai pulito e che subito

richiama alla mente cose antiche e abbandonate.

Le case disperse qua e là sembrano ansiose di na -

scondersi sotto quella fredda coperta che è la nebbia che

vien su dalla valle pian piano. Quando tutto è coperto è già

buio, e la notte, che attendeva, è ormai qui presente.

Come per istinto guardo all’orario: le venti e trenta; è

presto ancora; sentirò un po’ di musica, poi cercherò di

dormire, sperando che non sia questa serata triste ad

accompagnarmi nel sonno, ma il sogno di quei vivaci

colori, di quel sole esuberante, di quei volti sorridenti, di

quegli attimi affascinanti, di quei prati fioriti, di quelle

indimenticabili esperienze di quando... Mi convincevo che

ogni giorno con te ora diventava una nuova meraviglia, una

realtà inaspettata che irrompendo nella mia vita mi dava una

immensa gioia. E ciò avveniva quando ci incontravamo,

tutto il gruppo della Company, a scuola, all’oratorio, per

caso in strada, ma soprattutto quando eravamo noi due soli,

vedendoci da lontano e contemplandoci senza farsi accorgere

l’uno dall’altra, passeggiando in bicicletta lungo le vie del

paese, fermandoci volentieri a parlare sul sagrato della chiesa

o, con la scusa di ammirare la vetrina, davanti a un negozio;

tenendoci abbracciati mentre riascoltavamo Reality;

sentendoci per telefono... ricordo quando dalla tua vacanza

al mare mi avevi chiamato: mezz’ora di quel dolce dialogo,

che avremmo ancora proseguito per chissà quanto, se al tuo

telefono non fossero improvvisamente arrivati mentre ti cercavano

per farti uno scherzo e allora avevi dovuto per forza

riattaccare. Questa vita da sogno continuava a rasserenarci

sempre più intensamente, sotto il sole dei caldi pomeriggi

dell’estate meravigliosa che ci accompagnava, in quelle

serate romantiche di luglio che ci rendevano sempre più

vicini con le occasioni che ci offrivano in modo sempre più

inaspettato. E poi il grande momento della vacanza trascor -

sa insieme a Sounmont, questa sorpresa inaspettata che ci

siamo trovati a vivere quasi per caso: in fatti fino agli ultimi

giorni prima della partenza avevi affermato che tu non saresti

potuta venire con noi.

E lì mi convinsi ancora di più di essere innamorato

pazzo di te: facevo di tutto per non perderti mai di vista, e

anche quando il gruppo si trovava lontano ti seguivo sempre

con lo sguardo, desideroso di starti vicino e sempre più

geloso quando qualcuno degli altri si avvicinava a te.

In me crescevano insieme, sempre più intensa mente,

amore e timore, gioia di averti e paura di perderti.

Mi sentivo irrimediabilmente immerso in quel vortice

che, anche se consideravo un pericolo, per ché mi portava

a perdere la testa per te, mi face va però dimenticare ogni

realtà negativa, rendendo il mondo e quindi anche me stesso

più sereni e più affascinanti.

Ti sentivo mia, ma nello stesso tempo soffrivo enormemente

per non poterti stare vicino come avrei desiderato:

la ragione, la vergogna, la paura e la presenza degli altri

riuscivano a trattener mi ancora un po’.

Per questo il mio sì e il mio no verso di te vive vano

spesso insieme, contemporaneamente, facendomi soffrire

terribilmente e iniziando a far soffrire anche te, che non

riuscivi allora a comprendere perché io un momento ero

tutto per te e ti stavo accanto serenamente e appena un

minuto dopo mostravo soltanto indifferenza nei tuoi con -

fronti, quasi come se lì tu non ci fossi stata.

Come quella sera... non riuscivo a guardarti... ti vedevo

ma non ti volevo guardare; inconscia mente forse miravo

con questo atteggiamento a farti ingelosire di me, cercavo

forse di farti credere che non me ne sarebbe importato più

niente di te, per poter così suscitare in te un più forte desi -

derio di amarmi. Ma in quei momenti dentro di me fremeva

quella forza misteriosa che mi sospinge va sempre più

intensamente verso di te.

E così io, là fuori da solo, mentre voi eravate in gruppo

a ridere e scherzare, stringevo i denti per trattenermi, per

non impazzire, impietrito come per ira e per non so che, se

era per disperazione o per esasperazione, alzando gli occhi

al ciclo dentro il mio cuore gridavo: Dio mio! e le lacrime

avrebbero voluto scendere, ma non riuscivo nemmeno a

piangere. E tu, che ti eri accorta subito che io non ero con

voi, intuendo che forse qualcosa non andava, mi eri venuta

a cercare e mi avevi scoperto là, appoggiato al muro.

Fissandomi preoccupata e anche un po’ spaventata, mi

ripetevi: “ma cos’hai?”. Non ero riuscito a darti alcuna

risposta, anzi mi ero girato dall’altra parte, contro la parete,

scuotendo il capo come uno che non ha più niente da

dire o che non vuole più parlare. Tu te ne eri allora tornata

con gli altri, ma la tua voce non la sentii più fino a quando,

a notte fon da, quando tutti gli altri ormai dormivano,

mi ero avvicinato a te ancora sveglia, e seduto per terra

accanto al tuo letto, ti avevo preso la mano; ti guardavo...

ogni tanto, qualche parola, una lieve carezza, un sospiro,

lo stringersi delle mani come una promessa per non

lasciarsi mai, e infine, prima di andare, un bacio sfuggevole

e quasi timoroso che era stato il segno della nostra, ora

ancor più pro fonda, ritrovata serenità. Ciò che stava accadendo

a Sounmont costituiva sempre più una occasione

per unirci, per vive re sempre più vicini e per dichiararci

sempre più amanti. Perfino quel giorno in cui ero convinto

che or mai sarebbe decisamente finito tutto...

Pegghie, tua amica del cuore, aveva mostrato il suo diario

personale alle altre amiche e a te sola aveva fatto poi

leggere quella poesia che io le ave vo scritta alcuni giorni

dopo il fatto del lago. E ti aveva anche raccontato tutto, di

ciò che era successo tra me e lei, confessandoti che ella era

an cora molto innamorata di me, anche se non c’era stato

più nulla tra noi... e in quel momento ti sei sentita profondamente

tradita, usata, mai amata, giocata da me, mentre

da parte tua avevi sempre ritenuto di essere l’unica per me.

Amareggiata ed allo stesso tempo adirata, avevi deciso

allora di far finire tutto venendo da me e gettandomi in

faccia quella parola che mai mi sa rei attesa da te:

“Porco!... porco!” e te n’eri fuggita via. Scioccato da questo

tuo atteggiamento, cercai in quei pochi secondi di rendermi

conto di cosa fos se accaduto o cosa avessi combinato,

di cosa sta va adesso succedendo. Nel frattempo vidi

Peg-ghie venire verso di me con un atteggiamento di comprensione

e nello stesso tempo scuotendo il capo come

gesto di disapprovazione... intuii, ma soprattutto mi resi

conto che era giunto il momento di mettere le cose in chiaro,

per il bene di tutti.

Tu e Pegghie eravate lì, davanti a me, ed io ave vo molta

paura, perché non volevo rifiutare né una né l’altra, ma ora

ero costretto a farlo. Non volevo che l’emozione mi tradisse,

chiede vo in fretta alla ragione di trovare la via d’uscita,

ma il tempo era decisamente poco.

“Allora?...” chiese Pegghie con una certa im pazienza,

richiamandomi all’urgenza di questa decisione.

“Allora?!...” richiedesti anche tu, con uno sguardo

severo e imperturbabile, che non lascia va intravedere altro

che il vicino trionfo della verità.

Mi sentivo come tra due giudici, imputato; avrei voluto

dichiararmi innocente, ma sapevo bene di essere colpevole,

e che anche voi mi consideravate già tale.

Racimolando in fretta le mie poche capacità di persuasione,

cercai di utilizzarle nel modo miglio re: “Ragazze,

guardate che io non vi ho mai prese in giro.

Dai, Pegghie, lo sai che ti voglio bene e ti dico sempre

tutto di me con sincerità... sai che puoi fi darti di me e non

potresti mai affermare che io ti ho tradita nella nostra amicizia.

Sai anche che so no stato io stesso a dirti di non illuderti

con me ri guardo al fatto di considerarci amanti,... ma

anche che non avremmo mai smesso per questo di es sere

amici. Cosa c’è ora? Sembra che tutto si sia al-1 ‘improvviso

complicato ! ”. Pegghie sembrava allora essersi calmata

un po’ ; si rivolse a me con tono pacato, ma deciso:

“Dille cosa pensi di lei, da che parte stai... non puoi sta re

con me e con lei... devi scegliere, scegli!”.

E da quelle sue parole capii che lei, Pegghie, non si era

ancora rassegnata a volermi bene semplice mente come ad

un amico; per lei io potevo essere ancora l’amante, l’unico,

il “numero uno”, co me mi aveva una volta scritto.

E anche se io ora la consideravo amica, buona amica,

amica profonda, ma nulla di più, lei in questo momento

sperava ancora, attendeva nel suo cuore innamorato di

sentirsi dire che la amavo, che ero ancora innamorato di

lei, che adesso sceglie vo lei. I suoi occhi tremavano nell’attesa

della mia risposta, sapendo che ciò che avrei detto

rivolto al la sua amica del cuore avrebbe potuto essere so -

prattutto per lei, per il suo cuore.

Ma non poteva essere così: Pegghie era per me, lo sperimentavo

nella vita di ogni giorno, un’amica vera sì, ma

non l’amavo come amavo invece te, lì di fronte, che io

consideravo essere la gioia, l’a more, la somma di tutte le

realtà più belle che sta vo vivendo e che proprio in te ora

vedevo sempre più chiaramente presenti.

Anche in quel momento, mentre parlavo con Pegghie,

avrei voluto parlare con te, mentre guardavo Pegghie,

avrei voluto guardare te... te sol tanto...

Rispondendo a Pegghie, con il tono della voce e lo

sguardo che rivelavano un immenso dispiace re ma anche

un’affermazione sicura, pacatamente le dissi: “lo sai già

che io la amo,.. .io amo lei... ” e a te rivolsi il mio sguardo,

e ti vidi guardare in basso, e ti sentii più che mai vicina,

presente , vita nella mia vita.

Non potevo più adesso non chiamarti amore, dopo aver

così decisamente schierato la mia vita per te, dopo aver

posto me stesso di fronte a questa netta posizione, dopo

essermi compromesso fino a questo punto. Pegghie per fortuna

aveva capito che il destino era troppo forte per essere

guidato dai nostri sentimenti e dalla nostra ragione, e lo

aveva accetta to con rassegnazione e anche con una certa

serenità. Da quel giorno infatti mi aveva sempre aiuta to: mi

consigliava e mi richiamava; aiutava, consigliava e richiamava

anche lei, e in questo modo faceva sì che noi due

potessimo incontrarci sempre più serenamente.

L’amicizia con Pegghie, che temevo fosse stata compromessa,

era ora invece più profonda, per ché sentivo che

Pegghie era il mezzo di collega mento con lei, con il mio

amore, e contemporaneamente costituiva il mezzo di collegamento

del l’amore di lei per me.

Pegghie era quindi l’occasione per continuare a vivere

questa esperienza con lei in un modo sempre più assurdo,

ma anche per rendere questa avventura sempre più unica,

affascinante, irripetibile, eccezionale.

Al ritorno da Sounmont le cose continuavano a procedere

sempre secondo quella mia dichiarazione: sentivo di essere

sempre più innamorato, sempre più pazzo di lei. Da un

lato, volevo evitare di stare con lei per ché mi sentivo un adolescente,

come lei, e mi ripetevo: che stupido che sono!

Tu non sei più un ragazzine, renditi conto, de vi essere

te stesso, devi finirla con questa storia... e così era la ragione

che chiedeva al mio cuore di seguirla.

Nello stesso tempo però la cercavo perché mi dicevo: è

una esperienza eccezionale! Cosa c’è di male?

Va beh, assurda, ma allora?

Non è forse così per ogni esperienza affascinante?

E tutti i limiti poi si possono superare, in fondo: l’età

diversa, le vergogne e le paure, la diversità nella scelta di

vita... e allora era il cuore che chiedeva alla ragione di seguirlo.

E in questo contrastato gioco tra ragione e cuore, io continuavo

a giocare con l’amore e a lasciar mi giocare da esso,

...e le cose procedevano. Ora però questo gioco per la mia

vita era sempre più importante, e sentivo il bisogno di dirlo

chiaramente anche a lei, di dirle che era una realtà profondamente

vera quella che io provavo per lei. E glielo scrissi.

Ti amo..; vorrei ripeterlo all'infinito!

Ti ho sempre amata, ti amo, sempre ti amerò.

Anche quando mi hai veduto arrabbiato, non lo sono

mai stato, mai ti ho dimenticata... nemmeno per un istante.

Mi dirai: perché ti mostravi arrabbiato se non lo eri?

Perché ti amo, sì, e per questo voglio che tu sia libera, non

condizionata dalla mia vita. Per questo ho cercato di stare

lontano da te e di allontanarti da me, ma non ci riesco... ti

amo! Ma tu come puoi amare ancora uno come me; non ti

accorgi che stupido che sono, che sofferenza ti procuro?

Ti amo!

Mi manchi dopo solo un istante che non ci sei; e quando

sono con te va a finire che ti faccio soffrire...

Sei affascinante... ti amo... sei nella mia vita e per questo

vorrei stare sempre con te, ma nello stesso tempo so

che non devo condizionarti, che devo lasciarti vivere, che

devi stare con i tuoi ami ci, non con me! Ecco perché mi

faccio vedere arrabbiato e lontano da te, anche se proprio

in quei momenti ti amo e ti sono vicino più che mai!

Ora ti chiedo solo di perdonarmi e di farti vedere o sentire

perché mi manchi da morire!

Ti amo!