Da quell’indimenticabile giorno la tengo sempre al
collo, la sento sempre volentieri su di me, mentre cammino;
ogni tanto, la prendo tra le ma ni, la osservo e ti penso intensamente...
Me l’avevi regalata quel mattino del giorno del
mio compleanno, quando, non essendo più possi bile incontrarci
da soli, mentre io stavo celebrando la messa, tu mi
avevi messo il tuo regalo nel bagagliaio dell’auto; e così
non ero nemmeno riuscito a vederti.
Una medaglietta d’oro, raffigurante una monetina,
accompagnata da un piccolo grazioso biglietto:
Questa lira rappresenta il mio umile cuore e ho deciso di
donartela proprio perché ormai il mio cuore è tuo, non
appartiene che a te. E nonostante la quercia non potrà più
abbassarsi verso la margherita, io ti assicuro che questa avrà
sempre “gli occhi” rivolti verso l’alto, in attesa di un suo
cenno. E se ciò non avvenisse, la margherita riuscirà a comprendere
e in lei resterà comunque sempre vi vo il ricordo
del periodo più bello della sua vita, trascorso accanto alla
quercia. Quel giorno del mio compleanno tu mi avevi re -
galato l’amore: te stessa.
E se ciò mi affascinava e mi entusiasmava, allo stesso
tempo mi impauriva e mi faceva raggelare il sangue.
L’affermazione che avevo fatto lassù, a Sounmont, di
fronte a te e a Pegghie, quella decisione che mi aveva fatto
tanta paura, la consideravo una bazzecola a confronto di
come ci trovavamo ora noi due, di fronte alla mia decisione
ora: sentivo che stavo avvicinandomi sempre più a te,
approdando ad una scelta troppo importante e ancora troppo
impegnativa: vivere con te, di te e per te.
DIRLE “SÌ”: avrebbe potuto essere il modo per risolvere
il problema della mia vita, vivendo con lei definitivamente,
lasciando questo mio sacerdozio ormai troppo incerto e
barcollante; scegliendo la via del matrimonio, che con lei
avrei potuto vivere come una realtà sicura.
La felicità che mi si prospettava con lei accanto mi
avrebbe fatto superare ogni difficoltà, ogni limite, ogni vergogna
e paura, perché con lei mi sentivo in grado di poter
fare qualsiasi cosa. Avrebbe poi voluto essere lasciar finalmente
vi vere quell’amore che non poteva più essere annien -
tato, a questo punto; più avevo infatti cercato di nasconderlo,
più avevo dovuto riconoscerlo.
DIRLE “NO”: avrebbe voluto essere riconosce re che i
problemi sarebbero ugualmente rimasti an che se avessi
scelto lei; anzi, si sarebbero allora ingigantiti ancora di più.
Avrebbe voluto significare riconoscere che il mio sacerdozio
non era poi ancora così incerto co me io lo consideravo;
e che il matrimonio con lei era un sogno irrealizzabile, dettato
soltanto dal mio cuore ancora confuso ed immaturo; un
sogno che, realizzato, avrebbe soltanto creato nuove incertezze
e confusioni, mentre la soluzione avrebbe ora potuto
essere il rivedere il mio sacerdozio e il mio modo di stare
con lei. Avrebbe voluto essere anche riconoscere che le difficoltà
erano oggettive: per l’età diversa, che mi avrebbe
portato ad amarla come fossi un padre, mentre lei mi avrebbe
amato come una figlia; avrei rovinato irreparabilmente il
suo crescere; e, insieme a lei, le difficoltà sarebbero infine
apparse non sminuite ma duplici: le mie e le sue.
E questo amore sarebbe stato poi sempre così in -
cantevole, o, una volta definitivamente insieme, ci saremmo
trovati di fronte la cruda realtà di un matrimonio quotidiano,
con le sue gioie ma anche con i suoi molti problemi... saremmo
riusciti ancora a viverlo così? E poi, la mia ricerca della
verità non era ancora, in fin dei conti, ciò che io volevo sia
per me che per lei? Già, ma qual’era ora la verità?
Che cos’è la verità? Procedendo guidato dal mio cuore,
le avrei detto subito di sì; con la ragione, avrei cercato inve -
ce di guadagnare un po’ di tempo per cercare una soluzione
diversa, anche se pure essa si sentiva, a questo punto, ormai
compromessa per una scelta affermativa.
Amore e timore, cuore e ragione, sì e no gioca vano nella
mia vita, trascinandomi da un momento di gioia ad uno di
sconforto, da un desiderio ad una paura, da un freddo ragionamento
ad una semplice emozione, dal prendere decisioni
al mettere tutto in discussione, dal cercare lei e poi, subito
dopo, all’evitarla. Adesso come mi comporto con lei? – mi
chiedevo il mattino; e la sera: come sarà con lei doma ni?
Con padre Noir intanto le cose precipitava no...
Era ormai assodato che fin dal suo primo arri vo a Gourly
noi non eravamo mai andati d’accordo su niente, non solo
per quanto riguardava le scelte pastorali, ma anche nelle
piccole cose: mai insieme ci eravamo trovati per vivere un
momento di gioia, mai avevamo recitato insieme anche soltanto
una preghiera, mai eravamo stati felici di stare insieme
anche solo per un minuto; ma queste erano state sempre
delle realtà fino ad allora nascoste, non evidenti, che non
erano mai state di scandalo per la gente. Fintanto che uno
era indifferente e non diceva nulla all’altro, sembrava che
ognuno facesse del bene, a modo suo, anche se mi rendevo
conto che ogni bene fatto a scapito dell’altro o ignorandolo
doveva per forza sempre essere male e quindi non fosse mai
da fare. Ora però i nostri diversi atteggiamenti erano sempre
più occasione di allontanamento l’uno dal l’altro e sembrava
proprio fossero dei segni premonitori che nel giro di
poco tempo si sarebbe giunti ad un contrasto evidente tra
noi, ad una vera e propria lite. Padre Noir era sempre più
convinto delle sue co se, e finché io non dicevo nulla, tollerava;
ma ap pena notava in me un segno di diversità da ciò
che egli pensava, faceva o diceva, come per reazione si rendeva
ancor più convinto della propria posizione, per potere
procedere ed annullare così l’avversario (così egli mi considerava).
E allora si giungeva al punto di denigrare pub -
blicamente, a negare, a rimproverare, o, con una tattica più
sottile ma che faceva maggiormente soffrire l’avversario, a
convincere ad ogni costo gli al tri delle ragioni proprie,
annientandone quindi ogni altra. A volte avevo l’impressione
che padre Noir fos se come un cavallo con il paraocchi,
che vede so lo ciò che è di fronte ad esso; che, sferrato dal
suo ardore apostolico, partiva ad una velocità di galoppo,
senza considerare chi avrebbe potuto trascinare dietro, né
chi avrebbe magari trovato accanto, e così travolgeva, senza
accorgersene, sia gli uni che gli altri? Padre Noir, mai sono
riuscito a comprender ti...
Per te valeva sempre più il bene del tuo Dio, più che il
bene di Dio; certo, tu hai agito sempre con retta coscienza,
ad onor del bene, con buone intenzioni, affermando che mi
amavi,... e nel no me del bene del tuo dio, senza volerlo, tu
mi hai fatto morire... e solo grazie al bene di Dio sono poi
risuscitato. Ultimamente, il nostro diverso atteggiamento
era già un evidente contrasto: chi ci vedeva quando eravamo
insieme per forza di cose, ad esempio trovandoci accanto
nella distribuzione dell’eucarestia, era come se vedesse
bianco contro nero. Quando poi uno smentiva l’altro, il contrasto
era già uno scandalo per la fede della gente. Diversità,
scandalo, incomprensioni, pregiudizi, indifferenze, silenzi
e maldicenze erano tutte quelle realtà che sempre più
entravano a far par te del nostro rapporto di confratelli nel
sacerdozio. In me questo contrasto diventava sempre più
acuto, accomunandosi a tutti gli altri che erano legati ai problemi
che stavo vivendo.
In quei momenti mi chiedevo, riguardo al mio sacerdozio,
se era possibile vivere questo mio es sere prete continuando
a non fare nulla o se avrei dovuto invece fare qualcosa,
non solo limitarmi al fatto di essere prete; ora che ogni
mia iniziativa pastorale si stava azzerando completamente,
ora che non avevo più alcuna attività, potevo ancora con -
siderarmi prete solo in base alla mia spiritualità personale?
Sì, mi rispondevo; ma allo stesso tempo riconoscevo anche
che mi era impossibile vive re alla stregua di un monaco
benedettino, perché ciò non rientrava né nella mia vocazione
di sacerdote diocesano né nel mio stile di vita umano.
Fino a che punto quindi era giusto quell’atteggiamento
di mandar giù ogni cosa, come facevo da parecchi anni,
ottenendo in cambio solo altra sofferenza; offrendo al
Signore ed affidandomi al di segno misterioso della sua
volontà, se il Signore in vece proprio ora mi stava chiedendo
di agire, di es sere come il profeta che pone un segno
chiaro e decisivo, che può anche essere traumatico, ma che,
compiuto riferendosi alla volontà di Dio, nel suo nome io
adesso dovevo dare?
Fino a che punto dovevo portare la pace come quiete,
smorzamento, sottomissione, lasciar perdere, o la pace
invece come attività, prendere posizione, chiarire le realtà
di Dio, non lasciare che esse venissero soffocate, porre dei
chiari riferimenti nelle cose della fede, in qualità di ministro
di Dio? Cos’era che Dio mi chiedeva in quel momento?
Il segnale che mi fece capire l’urgenza delle mie decisioni
fu il fatto che un giorno mi resi conto di aver perso totalmente
la mia capacità di sorride re.
Qualche volta ci avevo ancora provato a sorridere, anche
portandomi di fronte allo specchio, ma notavo che il mio
volto appariva ormai sempre più triste; il sorriso, non più
naturale, ma forzato, pareva quello di colui che sopportando
un dolore acuto vuoi far credere di fronte agli altri di
stare benissimo. La paura era sempre più forte, ora che allo
specchio della mia vita appariva solo nero, un nero fit -
tissimo che mi spingeva a decidere; come era sta to a
Sounmont, come di fronte alla scelta di lei, così ora ero
costretto a decidere di fronte a me stesso, a scegliermi.
Scegliere di continuare a vivere come un continuo trauma
vivente, rischiando sempre di contagiare anche gli altri,... o
scegliere una soluzione, fosse stata anche la più drastica e la
più sofferta? Non potevo andare avanti così ancora per mol -
to: ogni giorno sembrava equivalere a sette anni di difficoltà
che pesando su di me mi stavano accorciando la vita.
Non volevo finire nell’esaurimento nervoso, nel quale
sicuramente mi trovavo già in parte, considerando come mi
ero ridotto. Era giusto lasciar morire me stesso, uccidermi
così, mentre forse il Signore, Dio della vita, mi sta va chiedendo
di vivere?
Era giusto che lasciassi cadere in frantumi la mia vita,
mentre Dio mi proponeva di costruirla?
E mi decisi di decidere subito, come sacerdote e, prima
ancora, come uomo.
Non fu come quella volta, quando stabilii di andare da
padre Noir per presentargli tutte le mie osservazioni su ciò
che poteva essere secondo me discutibile, riguardo al nostro
modo di vivere come sacerdoti in quella parrocchia; mi ero
allora sen tito fare da parte sua solo accorate arringhe difen -
sive. Me ne ero tornato a casa mia, sentendomi solo colpevole
e proponendomi, pentendomi, di non fare mai più
osservazioni a padre Noir per non far lo piangere, né soffrire,
perché in fin dei conti il responsabile della parrocchia
era lui e quindi lui ave va ogni diritto di fare come riteneva
giusto, per ché questa era prima di tutto la sua responsabilità
e anche il suo compito.
Questa volta però fu diverso, perché dentro di me sperimentavo
la presenza di una realtà nuova che mi rendeva
molto sicuro di me stesso, di ciò che io stavo compiendo.
Non sapevo cosa avrei dovuto fare in seguito, come sarebbero
in futuro andate le cose; ma ora, con certezza, sapevo
che quel la forza non mi avrebbe mai abbandonato, in nes -
sun caso. Era, adesso, come avere una guida, che al mo -
mento per me era sì misteriosa, ma era anche si cura, presente,
affidabile e sperimentabile, e da es sa mi sentivo sospinto
con una intensità tale che mi faceva di continuo meravigliare
riguardo ai miei comportamenti: “Non so ancora
quello che farò dopo, ma so che adesso devo fare così” –
pensa vo. Ed ero matematicamente certo che in quel preciso
momento era giusto questo o quell’altro de gli atteggiamenti
che mi veniva suggerito da quella forza misteriosa.
Questa volta fu infatti diverso, perché incontrando padre
Noir quasi per caso, dopo tanto tempo in cui non ci parlavamo
e che evitavamo entrambi di incontrarci per doverlo
fare, mi sentii la forza di dirgli tutto e chiaramente, e lo feci
in so li pochi minuti.
Con un atteggiamento tranquillo e sereno ma al lo
stesso tempo di chiarezza e di profonda convinzione,
meravigliandomi, in quegli istanti, di me stesso perché mai
prima di allora mi ero sentito tanto sicuro di fronte a lui, mi
rivolsi a padre Noir: “Basta. È ora di finirla adesso con questa
farsa. Sono or mai quattro anni che lei sta rompendo le
scatole a quelli di Gourly. Non si può più andare avanti così.
Qui, o salta lei, o salto io”.
E lui, che certo non si aspettava in quel momento un
richiamo sereno e severo fatto in quel modo, trovandosi un
po’ confuso, cercò di salvarsi portando su se stesso la colpa
in modo da potersi poi commiserare, come era solito fare:
“A questo punto – disse come addolorato, colpito a morte e
rassegnato – me ne andrò io”. “Lei? E dove se ne vorrebbe
andare? – ribattei io calmo, qua si sorridendo, mostrandomi
però sempre più for temente sicuro di me – già ha rovinato
questa parrocchia. .. non si accorge che i nostri superiori
non saprebbero proprio dove mandarla?”. E qui capii di
essere andato un po’ oltre la mia buona intenzione di chiarire
la verità; ma, pur riconoscendo lo sbaglio, ero deciso a
non fermarmi proprio allora che le cose erano ormai ben
avviate. Ripresi, rivolto a lui che aveva chinato triste mente
il capo come sconsolato: “E non faccia la vittima, adesso,
con questo suo atteggiamento... si comporti una volta tanto
da uomo”.
Egli, tentando allora una nuova tattica per po ter uscire da
quella che vedeva essere ormai una situazione sfavorevole,
provò ad osservare: “Ma a me pare che sia tu che vuoi fare
la vittima in questo caso...”.
Non lo lasciai continuare e subito intervenni, sempre in
modo pacato, ma anche sempre più chiara mente deciso ad
arrivare fino in fondo, una volta per tutte: “Come? Io la vittima?
io e poi tutti quel li di Gourly? Possibile noi sempre a
sbagliare, mentre lei mai a riconoscere nemmeno un picco -
lo errore? Possibile che lei sia sempre infallibile, che sia la
santità in persona; e sarebbe poi la vera santità questa? Non
sarei mai invogliato a segui re questo suo tipo di santità né
mi auguro lo faccia mai qualcuno”.
A questo punto mi ero bloccato un attimo osservandolo
come per potergli offrire la possibilità di dire qualcosa, ma
visto che rimaneva in silenzio e col volto ancora chino e rattristato,
pro seguii: “Lei, sì... a parole parla di pace, di bene,
di giustizia; poi uccide moralmente chi le sta accanto. Ma
non si accorge proprio di questo?”. Ma lui, nonostante questa
mia provocazione, non reagì affatto; rimase immobile e
insensibile, come ormai colpito a morte.
E io allora conclusi, pur consapevole di approfittare un
po’ di questa situazione, ma soddisfatto e convinto che lo
avrei lasciato solo dopo aver gli detto tutto: “Mai possibile
che per lei sia sempre tutto nero, che non le vada mai bene
niente, che tutto sia un continuo ed insistente rimprovero?
Non si accorge che ci ha fatto perdere la serenità della vita?
E poi, a questo punto, in coscienza, non me la sento proprio
di lasciarla continuare, per mettendole di far passare tutte le
sue cose come realtà di Dio.
D’ora in poi sarò in aperto contrasto con lei; sappia che
io non condividerò più ne inviterò a condividere tutte quelle
realtà che sono soltanto sue: la sua parola di dio, le
sue...”. Dopo questo incontro capii di aver già deciso co me
risolvere ogni mio problema: mi resi conto di aver aperto
ormai la breccia, di aver intravisto la possibilità di procedere,
animato sempre da quel la forza misteriosa e sostenitrice
che c’era in me. Con padre Noir non avrei più voluto
pazienta re a vivere un giorno in più in quel clima di sempre
più cupa freddezza che si andava raggelando tra noi, e ora
vedevo la possibilità di farlo...
...Sì, sarei andato dall’autorità della Chiesa, dal Vescovo:
lui, illuminato da Dio, mi avrebbe suggerito come risolvere
tutto secondo Verità.
A lui soltanto a questo punto dovevo affidarmi. E già
sentivo che questa realtà non era più in mano mia, ma la
vedevo diretta da una realtà molto più grande, dalla quale io
stesso mi sentivo attratto e della quale mi consideravo strumento
e messaggero nei modi che essa avrebbe richiesto a
me di volta in volta. Andare dal Vescovo e parlargli... e la
paura che avrebbe scoperto poi anche tutti gli altri miei pro -
blemi? ... che amavo lei,... che ero in crisi totale co me prete
e come uomo, che...
Ma c’era ormai quella certezza dentro me ed es sa mi
garantiva che tutto ciò si sarebbe risolto per il meglio, per il
bene di tutti.
E se mi avessero preso per un prete rompi e ri -
voluzionario? Mi avrebbero rifilato a casa mia, residenti
fino a chissà quando... quante volte avevo pensato a questo:
ridurmi a fare l’idraulico, continuando il mestiere di mio
padre, vivendo in quell’apparta mento lasciato libero, sotto
casa nostra, e desti nato al primo dei miei due fratelli che si
sarebbe sposato. Ad essi io sempre facevo la battuta: “Prima
che si sposi uno di voi, succede che mi spo so io!”.
Ma ora quella certezza faceva scomparire an che queste
proccupazioni, lasciandomi chiara mente nel cuore e nella
mente il solo desiderio di ricercare ad ogni costo ciò che
doveva essere per me, in quei momenti, la verità.