“Ricordati, Signore, del nostro papa, del nostro vescovo
Jean Marie,...”.
Ogni volta che, celebrando l’eucarestia, giungo al
momento di nominarlo, mi viene sempre spontaneo un
sorriso e sarei quasi tentato di soffermarmi un attimo, per
poter meglio ripensare a quando...
Prima di allora l’avevo incontrato solo quella volta dell’udienza,
quando io gli avevo fatto no tare le mie prime
difficoltà a vivere con padre Noir, ed egli di riscontro mi
aveva richiamato il dovere della obbedienza e la virtù
della pazienza, che mi avrebbero fatto maturare, e che non
avrei dovuto trascurare, come invece fino ad allora forse
ave vo fatto. Mi aveva impartito la sua benedizione; io me
ne ero tornato a Gourly assai deluso, pensando che Sua
Eccellenza non mi aveva affatto capito e che forse non
sarebbe mai nemmeno stato in grado di prendere in giusta
considerazione la mia situazione.
Ora, ripresentarmi in quell’ambiente della Cu ria che io,
condizionato dal sentito dire, ritenevo solo il luogo delle
dormizioni, degli imboscamenti dei preti, dei loro loschi
intrighi e delle sole pratiche burocratiche ed economiche,
mi pareva un inutile tentativo; mi chiedevo se fosse proprio
il caso di fare quel passo o non invece di lasciar perdere.
Fissavo la porta d’ingresso della sala vuota dove si attendeva
prima delle udienze, ed ero quasi tentato di tornarmene a
casa, ma a trattenermi c’era ancora quella certezza che dentro
di me assicurava il pieno successo della verità, a qualunque
costo.
Stavo poi pensando che, senza un appuntamento, Sua
Eccellenza non mi avrebbe mai ricevuto,... quando proprio
lui, mons. Justain, improvvisamente uscì fuori da quella
sala e si guardò in giro frettolosamente come per cercare
qualcuno che doveva essere lì ad attenderlo.
Ma c’ero solo io, lì nel corridoio; e a me egli si rivolse:
“Cerchi me?”. “Se ha due minuti, Eccellenza, vorrei...”.“
Sì, vieni... due minuti soli però, perché sono in attesa del
parroco di Sairen per la sua nuova investitura;. ..ma vedo
che non è anco ra arrivato”, e ritorno verso lo studio.
Ecco – pensai seguendolo – e adesso? cosa posso dirgli
in due minuti? neanche il tempo per iniziare!. E velocemente
passai in rassegna nella mia mente le cose importanti
che avevo da dire, per scegliere quella più urgente
che avrei potuto spiegargli in quel poco tempo.
Ma, inaspettatamente, questa volta fu proprio lui che
inizio a parlare, e io allora, in quel momento, dimenticai
subito tutto ciò che mi premeva di dire e mi disposi in
attento ascolto.
“So che già da tempo le cose non vanno bene a Gourly
tra te e padre Noir. Vedi, lui ha il suo carattere, e tu il tuo;
e adesso tra voi le cose stanno peggiorando... di questo noi
siamo informatissimi; seguiamo questa situazione ogni
giorno e la conosciamo bene.
Ti chiedo di avere ancora un po’ di pazienza... al tuo
vescovo sta a cuore questa realtà come se fosse la sua, ed
egli sta veramente soffrendo-con te. Stiamo ora cercando
una soluzione, abbi fiducia!”.
Non mi pareva vero!
Era stato come un miracolo!
Dopo quei due minuti meravigliosi avevo dovuto subito
ricredermi sul fatto di considerare il ve scovo lontano ed
incapace di comprendermi.
Ora non lo consideravo più “il Vescovo”, ma so -
prattutto come Mons. Justain, amico, speranza e sostegno.
Ero stato da lui proprio soltanto due minuti, ma mi sembrava
fossero stati sufficienti ed esaurienti più di ogni
altro lungo incontro. Mi sentivo ora rincuorato e rassicurato
dall’appoggio della Chiesa nell’atteggiamento da
assumere di fronte alla mia situazione.
Mentre speditamente camminavo verso il luogo dove
avevo lasciato l’auto, mi sembrava quasi di continuare a
parlare con lui, e lo chiamavo per nome; Jean, e lo sentivo
come lì vicino, quasi che camminasse accanto a me e
mi dicesse: aspetta mi, non andare così in fretta, altrimenti
non riesco a parlarti! Dopo quell’incontro, le cose sembravano
poter essere un po’ più sopportabili; ma dentro di me
rimaneva sempre e sempre più radicato il desiderio di
sistemare i miei problemi prima che fosse troppo tardi.
Troppo tardi con padre Noir, perché procedendo così le
cose, era ormai certo che nel giro di pochissimo tempo
avremmo finito per litigare apertamente provocando enorme
scandalo, e ciò io non volevo proprio che accadesse.
Sistemare poi al più presto anche il problema del rapporto
con lei, prima che fosse troppo tardi, prima che succedesse
qualcosa di grave o di troppo compromettente, o
che si venisse a scoprire il tutto da un momento all’altro.
Sistemare inoltre il mio essere prete, recuperando,
prima che fosse troppo tardi, il fondamento del mio essere
e del mio fare come sacerdote, che, così come stava la
situazione, rischiava di perder si ormai irreparabilmente.
Risistemare anche il rapporto con gli altri: con tutti
quelli della Company, tornando ad essere per loro l’amico
don; con Mousette, che vedendo pro cedere le cose così
negativamente non avrebbe più retto e se ne sarebbe definitivamente
andata; con quel paese, che un tempo per me
tanto affascinante e bello, ora, rivestito da tutti questi miei
problemi, mi sembrava divenire sempre più noioso e
senza vita; con i miei amici, che avevo abbandonato perché
immerso sempre più nella mia vuota solitudine; con la
mia famiglia, recuperando il sen so di essa, che stava
scomparendo quasi del tutto dopo gli ultimi scontri e le
incomprensioni. Infine, avevo estremo bisogno di recuperare
me stesso come uomo, dopo questa esperienza così
traumatizzante che mi aveva logorato: recupera re, prima
che fosse troppo tardi, la capacità anzi tutto di sorridere, e
poi tutto il resto, che chissà se in me esisteva ancora: la
fantasia, la comunicati-vita, il dialogo, la forza di volontà,
la coerenza, la chiarezza,... tutto ciò che con le mie crisi
era sta to compromesso e che ora, se recuperato, mi avrebbe
potuto far tornare di nuovo me stesso, dopo che mi ero
lasciato cadere in quel baratro che avevo l’impressione di
considerare come un pozzo senza fondo.
E fu così che ancora per parecchie volte mi recai da
mons. Justain, scoprendolo sempre più co me un amico
accogliente, disponibile, comprensivo. E se il mio andare
tanto spesso da lui poteva qua si apparire come una ossessionante
mia insistenza, ero certo che questo era il solo
modo per evidenziare alla Chiesa che essa avrebbe ancora
potuto salvare un suo sacerdote; e che egli desidera va
ancora salvarsi e salvare le situazioni.
E così, mentre da un lato accoglievo con fiducia da
Jean l’invito alla pazienza e alla sopportazione che, egli
mi prometteva, avrebbero presto avuto una fine, dall’altro
lato cercavo in tutti i modi di far sì che i miei problemi
fossero risolti con un suo intervento ed anche con una
certa urgenza, per evitare la catastrofe.
Avevo a poco a poco presentato quasi tutte le mie situazioni
problematiche e i miei problemi a Jean, per convincerlo
appunto a risolvere al più presto le cose... ma di lei
non gli avevo ancora par lato.
Non riuscivo a trovarne l’occasione; inoltre, dentro di
me dicevo: le cose stanno sistemandosi ora per il meglio,
perché parlarne?. Sarebbe sol tanto far sorgere nuove problematiche
per lei e per me, rendere le cose più complicate,
mentre tutto con il tempo ora si sta normalizzando.
Risolvendo infatti il grave problema con padre Noir,
trasferendomi via da Gourly e da lui, an che il problema
del rapporto con lei, e con esso tutti gli altri, ero certo si
sarebbero risolti serenamente.
E poi, cosa avrei potuto dire al riguardo?. Raccontare
tutto ciò che c’era tra me e lei?. Ma se io stesso ancora
adesso mi stavo meravigliando di tutte quelle assurdità, se
ancora sembravano a me irreali e impossibili, se ancora mi
stavo rendendo conto un po’ alla volta, con fatica, di cosa
mi sta va succedendo, ed era quindi per me ancora una
realtà molto confusa... come avrei potuto comunicarla?.
Non ero riuscito a dirla nemmeno alla mia guida spirituale,
a padre Ouirgies, con il qua le ero in estrema confidenza,
perché non sapevo cosa dirgli e di che cosa parlargli...
Infine, cosa era successo poi tra me e lei di grave o di
compromettente?. In realtà, nulla.
Più grave certamente era stato ciò che era avvenuto con
Pegghie, ma ora che con lei le cose era no sistemate, riportare
a galla un passato ormai confessato, perdonato e
dimenticato e le cui conseguenze ora si erano trasformate
in una autentica amicizia tra me e lei, a cosa sarebbe potuto
servire?
Sentivo anche che quella certezza che con for za animava
il mio desiderio di verità era in accordo con me su questo
punto, anzi mi suggeriva di non parlarne affatto, che
ancora non ne era il momento.
Proprio in questa occasione avevo compreso che questa
certezza era una realtà che non dove vo mai forzare, perché
altrimenti avrei fatto allora prevalere solo me stesso, rovinando
tutto; da es sa dovevo invece lasciarmi condurre con
serenità e fiducia. In questo modo allora sperimentavo
come, cercando con serenità la verità, tutto, proprio tutto,
inaspettatamente si andava via via sistemando.
Ed ecco perché forzavo sì le cose con Jean, sen za esagerare,
per non finire di fare di testa mia; nel lo stesso
tempo lasciavo anche che le cose procedessero guidate da
quella certezza misteriosa, al la quale mi affidavo, e che mi
creava continue e gradite sorprese.
E Jean mi chiamò.
Si era finalmente giunti ad una soluzione: per evitare
ulteriori e più profondi scandali, nonché gli scontri e i litigi
tra me e padre Noir, potevo subito andarmene via,
recandomi provvisoriamente in una località che io e Jean
avremmo nel frattempo stabilito, in attesa di una mia
nuova e definiti va destinazione. Ora però era più che mai
urgente che io me ne andassi via.
“Quanto tempo pensi ti serva per potertene an dare via
da lì?” mi chiese Jean.
Risposi che due giorni mi sarebbero potuti ba stare;
Jean aveva poi convocato nel suo studio il suo fidato,
padre Erik, un omaccione tozzo e simpatico, sempre sorri85
dente, con il quale io avevo già stretto amicizia nei
momenti in cui, attendendo a volte Jean che era occupato,
mi ero recato da lui ed egli mi aveva offerto ottime caramelle
e buoni consigli.
Insieme a lui ci si era accordati circa il modo di avvisare
della cosa padre Noir, circa le modalità e procedure
burocratiche che il fatto ora comporta va, riguardo infine
alle altre faccende da sistema re in occasioni come questa.
Prima di lasciare Jean gli volli domandare: “Ma ci sarà
un mio successore a Gourly? manderete an cora un altro, al
mio posto, con padre Noir? e padre Noir...?. Egli mi interruppe
sorridendo: “Tu ora non pensare più a padre Noir,
preoccupati sol tanto di ritrovare quella serenità che è stata
compromessa dopo questa esperienza così traumatizzante;
a padre Noir ora ci pensiamo noi”.
Capii che da quel momento in poi il problema con
padre Noir scompariva definitivamente dalla mia vita.
Sorrisi a Jean e dopo averlo salutato lo lasciai.
Nel ritorno mi riaccompagnava padre Erik, e con lui
durante il cammino parlai della mia gioia di fronte all’esito
risolutivo e positivo di questa faccenda; ed egli mi spiegò
che lassù, all’eremo di Glorenzia, dove avevamo scelto
che io rimanessi per questo periodo provvisorio, il posto
era vera mente rilassante, rasserenante e qualora io avessi
voluto c’era sempre anche parecchia possibilità di lavorare
per il regno di Dio, seguendo le varie iniziative locali e
diocesane, offrendo la mia disponibilità alle parrocchie
vicine.
Sorrisi anche a padre Erik e lo lasciai dicendo gli che
ora mi auguravo soltanto che padre Noir ritrovasse anche
per sé quella serenità che io stavo recuperando con l’aiuto
dei nostri superiori.
“Mah... ” fece lui, e abbozzando un sorriso scosse la
testa. Ed ora, mentre uscivo dalla Curia, pensavo a padre
Noir... che in fin dei conti aveva sofferto an che lui per
questa esperienza; che lui ora non si trovava ancora sereno;
che era un sacerdote lasciato sempre solo, isolato da
tutti gli altri confratelli, molti dei quali, purtroppo (e questo
lo aggiunge vo solo ora), io avevo sempre sentito parlare
ma le di lui. Stavo ora pensando a come avrei potuto
aiutar lo... ma in quel momento mi resi conto di trasgredire
il richiamo di Jean: non pensarci più a padre Noir, ora ci
pensiamo noi. D’ora in poi non avrei dovuto pensarci
più... o, perlomeno non subito... lasciare che le cose si ras -
serenassero per bene, prima.
Cercai allora di distrarmi, canticchiando qual cosa a
caso, proprio per non pensare più a lui... e alla prima nota
mi venne subito in mente lei...
E lei, come avrebbe accolto questa decisione del la mia
partenza? anche a lei ora non avrei dovuto pensare più?. In
quel momento un nodo fortissimo mi prese la gola; feci lo
sforzo per continuare a cantare, ma mi uscì solo una nota
stonata e rauca, mentre gli occhi erano già colmi di lacrime.
Quella certezza in me suggeriva che per lei tutto
sarebbe stato più sereno, che anche con lei le co se si sarebbero
sistemate col tempo, che avevo sicuramente fatto il
bene di tutti e quindi anche il suo,... me lo sentivo ripetere
con insistenza.
Ma quell’immensa nostalgia che già sentivo in me per
il fatto di doverla lasciare di lì a soli due giorni non poteva
non lasciar sfogare il mio cuore, che ancora adesso, più
che mai, l’amava da morire... già, ora stavo veramente
morendo per lei, andandomene via, per salvarla, perché lei
potesse vivere libera e gioire della vita.
Ad ogni passo sentivo perdere sempre più importanza e
consistenza quel problema con padre Noir, che ora si
andava sistemando; mentre consideravo sempre più decisiva
ed importante lei; proprio lei, della quale con Jean
non avevo nemmeno mai parlato; lei che, ora mi appariva
sempre più chiaro, stava risolvendo ogni problema in questa
mia situazione. E allora – mi domandavo – era stato
più il problema con padre Noir o più il voler salvare lei a
spingermi verso questa decisione di rinunciare a Gourly, a
quel paese a cui ero tanto legato, da tanti anni?
Non sapevo rispondere: padre Noir e i problemi che mi
aveva creati non perdevano la loro rilevanza; ma anche lei
non era stata certamente me no influente in questa decisiva
scelta. Proprio come un tempo lassù a Sounmont, ave vo
ancora, anche adesso, deciso per lei, questa volta veramente
per il suo bene; nello stesso tempo, con mio grande
stupore, percepivo che lei, inconsapevolmente, mi stava
donando, attraverso questa nostra esperienza, la forza di
decidere per il be ne mio, suo, di padre Noir e di tutti.
Quanto intensamente mi sentivo di amarla, proprio ora
che la stavo perdendo!
Arrivato a Gourly, trascorsi il pomeriggio a sistemare
in fretta tutte le faccende relative alla mia partenza: mentre
Mousette invaligiava emozionata tutte le mie cose e le
sue, contenta che fosse finalmente giunta la soluzione di
tutto, io sistemai le cose in banca, in posta, dal giornalaio,
provvedendo a saldare i conti là dove rimaneva ancora
qualcosa in sospeso... e preparai le consegne da portare a
padre Noir, che nel frattempo era stato informato da Jean
riguardo alla mia partenza al l’indomani.
Quando mi recai da lui, ancora volle chiedermi: “Ma
cosa ti ho fatto?...” con quel suo atteggiamento da vittima,
che in altra occasione avrebbe sicuramente scatenato una
mia reazione violenta e decisa, ma che adesso mi lasciava
imperturbato e sereno.
Mi limitai ad un accennato sorriso e a rispondergli: “Se
dopo questi anni mi sta ancora chiedendo questo, è la conferma
che la mia partenza da qui è proprio la decisione più
giusta che si doveva prendere”, e lo lasciai.
Avevo sistemato quasi tutto... ma ora volevo rivedere
lei, non potevo lasciarla così, senza un sa luto, senza un
incontro, lasciando che venisse a sa pere troppo tardi o solo
dagli altri che io me ne an davo. Ma come avvertirla?
Telefonai a Senzie, che ero certo avrebbe diffuso subito
quella notizia alla Company, facendo sa pere a tutti, e
soprattutto a lei, che li avrei attesi dopo la messa della sera
per poterli salutare... per ché , me ne andavo... domani!
Senzie, dopo alcune considerazioni del tipo: ma perché,
non è possibile! non te ne puoi andare, co me faremo senza
di te?, e altre simili, che mi fa cevano adesso solo sorridere,
mi salutò. In meno di dieci minuti aveva già raggiunto
te lefonicamente tutti, fissando l’appuntamento al le 18
della sera stessa. Quella Senzie, che tipo! Confidare un
segreto a lei chiedendole di tacere equivaleva ad averle
det to il contrario: vai a dirlo a tutti!
Questa volta però, diffondendo la cosa come al solito,
aveva combinato inconsciamente perlome no qualcosa di
giusto e di utile.